Le torri del vento a Yazd

ImageTrovo un pullman diretto a Yazd che ci metterà 7 lunghe ore di viaggio, ma almeno il mezzo è di una comodità estrema, con sedili spaziati e comodi come poltrone d'aereo di prima classe. La strada si incanala in una bella vallata di montagne rocciose e aride, con coltivazioni sul fondo: deve essere qui che cresceva l'uva destinata a fare il famoso vino di Shiraz. Poi si fa sempre più deserto.

La città a cui arrivo è stretta in una morsa di calore, ora che siamo in estate. È estremamente secco. Arrivo a un albergo simpatico gestito da una coppia (forse in tutti i sensi) di un olandese e un persiano. Prendo un letto nella stanza comune, fresca perché si trova nello scantinato, ma aleggia un leggero odore di muffa.

Esploro le strade del centro antico percorrendo il dedalo di vicoli che si dimenano in direzioni tortuose attraverso le case, tutte in colori di terra. Sbirciando qua e là si colgono scorci affascinanti sotto i portici deserti. Le torri del vento, badgir, si innalzano dai tetti per catturare la minima brezza, da qualunque direzione provenga, raffrescarla e alleviare all'interno delle abitazioni la torrida temperatura estiva. Dalle case emergono forme orientali di cupole, spesso rivestite di piastrelle azzurre; altre forme emisferiche più basse rimangono sotto il livello dell'abitato e mezze incassate nel terreno: sono le ghiacciaie, edifici studiati con ingegno nel passato per immagazzinare il ghiaccio dell'inverno e conservarlo fino all'estate.

Ogni tanto si apre uno slargo che dà ampiezza alla vista sulla città. In uno di questi, le sagome di enormi e antiche gabbie di legno si stagliano davanti alle forme inconfondibili di una hussaynia, l'edificio in cui nella festa di Ashura si commemora con una specie di sacra rappresentazione (detta ta'ziyeh) il truce martirio di Husayn per mano di Yazid nella battaglia di Karbala. I cosiddetti nakhl, che simboleggiano il feretro dell'imam decapitato e il suo sacrificio, sono così pesanti da richiedere lo sforzo di oltre cento persone per sollevarli al suono di musiche funebri.

15 agosto. Per vedere alcune località di interesse nei dintorni, piuttosto lontane, non c'è altra soluzione che farsi portare in auto, dato che il percorso si snoda per un paio di centinaia di chilometri e non ci sono mezzi pubblici. Siamo in cinque ospiti dell'albergo che partiamo per questo giro.

La prima giovane coppia è di Strasburgo. In lui mi sembra di rintracciare dei lineamenti sudamericani, ma dice di essere franco-taiwanese; lei invece è francese, di poche parole, ma abbastanza simpatica, anche se i suoi commenti sembrano per lo più rivolti a sé stessa, pronunciati a mezza voce e completati da un sorriso autocompiaciuto. Al contrario di lui, non è portata a parlare molto, perché fa fatica con il suo inglese traballante e sembra che, per il fatto che noi altri non siamo francesi, non possa usare altra lingua al di fuori di quella.

ImageL'altra coppia è formata da un tedesco e un'altoatesina. Il tedesco si rivela presto un pedante di prim'ordine, di quelli che non perdono occasione per mostrare di aver capito per primi, oppure che sapevano già tutto. Lo si nota dal suo nevrotico annuire con il capo a ogni frase della guida e dal suo completare le frasi che gli altri hanno cominciato. Vuole essere il primo della classe, dimostrare che sta facendo il suo compito nel modo migliore e farlo sapere ai suoi compagni. Poveretto, forse tenta di essere simpatico a volte, ma i risultati sono disastrosi, perché le sue battute di spirito non mi strappano di più che un sorriso di cortesia, il più stiracchiato che esista.

A Chakchak si trova appollaiato tra le rocce un minuscolo villaggio di case dall'aspetto nemmeno tanto pittoresco, in quanto costruite intorno al tempio con materiali moderni. Nella zona di Yazd vive la comunità zoroastriana più grande dell'Iran che sopravvive nella sua terra d'origine, conquistata dagli arabi e asservita dall'Islam. Da questa grande disfatta politica e culturale, il paese ha cercato di mantenere la sua grande personalità dando vita allo sciismo, in contrapposizione al sunnismo, ma ancora oggi alcuni spiriti liberi rimpiangono quella religione e soprattutto quella cultura che affonda le radici proprio nella terra persiana. Alcuni di coloro che non sono d'accordo con l'ordine costituito, si aggrappano a ciò che questa terra ha espresso centinaia di anni fa ed è stato spazzato via con la forza di un credo, reso oggi, come per beffa, vessillo del potere teocratico.

La comunità zoroastriana si raduna a Chakchak in una grande occasione ogni anno, nella primaverile festa del No Ruz, che tra l'altro viene festeggiata come ricorrenza pagana dall'intera nazione. Ci sono quindi strutture per accogliere i pellegrini. Il tempio si trova in una grotta da cui trasuda acqua che inumidisce le pareti anche ora che siamo in estate e gocciola cadendo dal soffitto di roccia. Produce un suono debole debole, che si trova all'origine del toponimo onomatopeico. Nel braciere arde la fiamma eterna, agente di purificazione rituale al pari dell'acqua, ma anche mezzo per raggiungere la conoscenza spirituale e la saggezza. Il dio creatore Ahura Mazda è raffigurato con il simbolo Faravahar, un anello alato molto evocativo presente in diversi rilievi a Persepolis. La creazione di Ahura Mazda, fatta di verità e ordine, si trova insidiata dal male in un conflitto cosmico a cui partecipa anche l'uomo; ma alla fine dei tempi, il bene prevarrà.

Pranziamo in un alberghetto che appartiene agli stessi proprietari di Yazd, nel villaggio abbandonato e in rovina di Kharanaq. Sulla strada del ritorno, sono ancora un centinaio di chilometri, il calore imperversa e sporgendo la mano dal finestrino si sente l'aria rovente seccare la pelle. Si vedono turbini di vento sollevare un polverone e ogni oggetto che si trova sul loro cammino.

ImageA Yazd faccio un giro per mercato. Sono incuriosito dal dolce chiamato falude che sembra fatto di un brodo di sciroppo con acqua di rose in cui nuotano tanti vermicelli bianchi. Non molto invitante come aspetto e provandolo mi accorgo che non è un gran che neanche al gusto. Mi nausea presto con la sua dolcezza e il suo profumo troppo intenso. Uno studente di madrasa insiste per pagarmela e facciamo strada insieme verso la sua scuola a cui mi invita a entrare. Lui e i suoi compagni studiano l'arabo coranico, ma non sanno praticamente usare questa lingua per la comunicazione, mentre nella lettura se la cavano molto bene. Uno di loro mi porta poi un libro di inglese perché vuole farsi spiegare il significato di alcune parole che non conosce, cosa che potrebbe facilmente sapere con l'aiuto di un dizionario. Ma forse questo è al di fuori della sua portata e allora io ne faccio le veci.

Mentre la gente esce di casa per passeggiare, anche stasera la grande husseynia inizia a risplendere nei tre livelli di archi contro un cielo sempre più scuro fino a diventare una incantevole vista notturna. Anche nel cortile dell'albergo le lampade illuminano le foglie delle piante producendo semplici decorazioni di una naturale bellezza.

In camerata è arrivato un cinese esagitato che sta viaggiando da mesi. Non vuole più tornare a lavorare, dice, dopo aver accumulato enormi guadagni quando faceva l'agente di borsa.