Inizia il trek. Le sanguisuge

23 ottobre  - Dopo la colazione ci informiamo per i trekking permit, che facciamo procurare ai ragazzi dell'albergo. Poi è l'ora delle ultime commissioni (cambio di dollari, acquisto di acqua). Prendiamo un tè con i ragazzi, incontriamo il portatore che abbiamo chiesto e prendiamo un taxi per la stazione degli autobus. Abbiamo deciso di limitare il bagaglio a un grande zaino in due, di cui si occuperà il portatore, mentre ciascuno di noi avrà solo uno zainetto.

Partiamo per Lumle dove arriviamo dopo un'ora e mezzo di viaggio in condizioni estenuanti. A Lumle iniziamo a camminare su sentieri lastricati verso il primo villaggio. Dopo quasi due ore di marcia arriviamo a Thangchowk, ma scopriamo che non ci sono pensioni. Ci dirigiamo verso il seguente villaggio con una corsa contro la luce del sole che sta per tramontare.

Il problema è che l'itinerario che stiamo seguendo è stato inventato da noi a tavolino, mettendo insieme due percorsi classici, l'Annapurna round e l'Annapurna sanctuary. Ci rendiamo conto man mano dell'incoscienza di questa nostra scelta, che abbiamo compiuto senza uno studio accurato dei dislivelli da superare e basandoci su una pessima cartina comprata a Kathmandu che indica grossomodo i sentieri. Ma ancora più incosciente è la nostra lettura delle poche informazioni che fornisce la cartina perché non ci preoccupiamo di interpretarle in modo corretto. Inoltre il nostro portatore non parla due parole di inglese e per comunicare ricorriamo a gesti o sorrisi, espressivi o ebeti che siano, senza sapere se trasmettiamo o riceviamo il messaggio.

La locanda che troviamo è primitiva, senza elettricità, né bagno. Viene aperta per noi, siamo gli unici ospiti. L'aspetto del posto è strano e non ci sentiamo a nostro agio. Un ragazzetto ci spia da un buco della parete mentre ci cambiamo i vestiti.

Alle 18 c'è già buio e aspettiamo il pasto (un dhal bhat orribile, a cui bisognerà abituarsi per i prossimi giorni). Il cane da guardia si mette ad ululare: dicono che è stato spaventato da qualche altra bestia selvaggia. Per andare in bagno bisogna girare dietro la costruzione nel buio più completo con una lampada a petrolio. Si tratta di una casupola con un buco nel pavimento coperto da assi di legno. Non riesco nemmeno ad entrarvi perché vedo i due ragni più grossi della mia vita appesi al basso soffitto. Cerco ingenuamente di bruciarne uno con la fiamma della lampada, ma la bestia fa uno scatto così repentino che accende in me un brivido elettrico di allarme e fuggo in preda al panico. 

24 ottobre - Ho passato una notte letteralmente insonne, per un letto troppo duro, praticamente era come dormire per terra. Durante la notte c'è stata una pioggia forte che si è sentita amplificata sul tetto di lamiera. Faccio incubi di ragni che entrano dagli interstizi tra la lamiera ondulata e la parete. Aspetto i chiarori dell'alba per affacciarmi e vedere la prima comparsa dell'Annapurna Sud innevato. È stupendo.

Dopo la colazione ci mettiamo in strada per Landruk. Il percorso è duro. Non siamo abituati alla strada e scivoliamo sulle pietre muschiose bagnate dalla scorsa pioggia.

Bhim, il portatore, ci fa capire di abbandonare il sentiero per scendere verso il fondo della profonda valle dove dice esserci un ponte che, attraversato, ci farà risparmiare molta strada. Affrontiamo un po' riluttanti questa discesa lunga e faticosa, perché il sentiero a un certo punto sparisce e camminiamo per campi. In fondo, amara sorpresa, scopriamo che non c'è nessun ponte sul fiume.

Tuttavia il vero e grosso problema è che tutta la zona che abbiamo attraversato è infestata da sanguisughe, piccoli vermicelli che s'aggrappano agli scarponi al semplice passaggio e risalgono facendo piroette tra la testa e la coda, penetrando poi nella calza e attaccandosi alla carne. Presto ci troviamo le calze tutte insanguinate e dobbiamo fermarci ogni poco per togliere scarponi e calzettoni e staccarle, più o meno gonfie del nostro sangue e scuoterle dalle dita perché si attaccano perfino ai polpastrelli. Tutto ciò non serve a molto perché riprendendo a camminare, in pochi minuti la situazione si ripete tale e quale. Essere arrivati in fondo e scoprire di dover risalire ripassando attraverso questa tortura è un brutto colpo e ci verrebbe voglia di linciare Bhim, anche se ci accontentiamo di una promessa per il futuro: non ascoltarlo più e fare di testa nostra.

Finalmente arriviamo a Landruk. Sono spossato perché ho solo bevuto del tè stamattina. Mangiamo, io per modo di dire, perché la stanchezza mi ha tolto tutto l'appetito. Mi sdraio sul lastricato del ristorante per riposarmi e mi abbandono in questa posizione. Vorrei che durasse per ore, con il sole che mi riscalda e mi culla nel sonno che non ho avuto di notte.

Bhim mi sveglia perché dobbiamo affrontare la parte finale del percorso di oggi e arrivare a Chandruk. Tutti sembrano fare il sentiero nell'altro verso. Dobbiamo scendere da quota 1600 m fino al fiume (quello di stamattina), poi risalire a quasi 2000 m su una scalinata interminabile.

Tocca a Kim adesso sentirsi fuori combattimento e a ragione, perché alcuni scalini sono talmente alti da dover essere superati con una spinta particolare. Scegliamo di stare al Milan: docce calde, materassi comodi, mi sembra di rivivere. Mangiamo un pollo all'aglio concentrato e alle 21.30 siamo già a letto.