L'aria coloniale di Rabat. La truffa

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6 novembre 1999 - È il giorno della partenza. Finisco i preparativi dello zaino e verso le 9 parto per la stazione dove incontro Matteo. Insieme andiamo a Milano, poi alla Malpensa e alle 13.50 dovrebbe partire il nostro volo. In realtà c'è un ritardo di un'ora.

Il volo con Air Maroc è buono, ma il mio stato d'animo mi tiene in continua apprensione. Penso al recente disastro aereo del volo 990 da New York e alle notizie sicuramente drammatizzate che ho letto su CNN negli ultimi giorni. Non è una compagnia piacevole. Comunque atterriamo a Casablanca e qui ci informiamo per prendere un treno verso Rabat. Intanto telefoniamo per prenotare l'Hôtel Royal per la notte.

A Rabat uscendo dalla stazione ci troviamo in una bella piazza illuminata circondata edifici con facciate in stile coloniale moderno. È un'impressione di ordine. L'albergo è a poca distanza; è decoroso benché semplice.

Dopo la rapida visita alla Medina alla ricerca di un locale per mangiare, decidiamo di accontentarci di una specie di tavola calda, una delle poche rimaste aperte alle 21. La pizza piuttosto scadente serve solo per calmare la fame.

Torniamo in camera, dove leggo prima di dormire le pagine iniziali della guida per avere informazioni sul paese, sulla città e decidere quello che si farà domani.

7 novembre - Al risveglio, dopo una notte di riposo ristoratore, scendiamo per la colazione nella sala dell'albergo. Usciamo verso le 10 per vedere la Medina nel pieno del trambusto giornaliero tra mercanti di ogni sorta. È una parte della città molto vivace. Oltre le mura che la racchiudono, si trova la qasba con alcuni scorci interessanti, una ampia vista sulla città e su Salè al di là del fiume.

Visitiamo la moschea incompiuta e la torre Hasan, poi a piedi entriamo in Salè. Qui i suq sono ancora più movimentati e affollati. Gli odori e la sporcizia ci assalgono. Mi colpisce la vista di alcuni “macellai” che espongono la carne su una placca di acciaio posata per terra sopra la terra battuta della strada con il sangue che cola e che forma un rivoletto verso il centro del passaggio. Ancora una volta siamo in preda all'imbarazzo nell'individuare un locale per mangiare, ammesso che dopo quello che abbiamo visto ci sia rimasto un po' di appetito.

ImageTemporeggiamo e decidiamo di visitare la moschea e una merdersa di grande valore artistico. Il giovane custode ci si impone come guida, dandoci informazioni su particolari di storia e arte interessanti. Poi insiste per accompagnarci a prendere un tè alla menta con un dolce, ma quando gli allunghiamo del denaro come mancia sorge una discussione perché si ritiene offeso da un compenso che non è quello di una guida ufficiale! Io sono convinto e inamovibile, dato che quello che gli stiamo dando è più che sufficiente e non va comunque paragonato con una tariffa ufficiale in mancanza di un accordo previo. Ci taccia di razzisti… Mentre io mi allontano, deciso ma disgustato da questo atteggiamento che mi sembra traditore, Matteo scende a compromessi dandogli ancora qualche cosa.

Ci dirigiamo in taxi verso Chellah. Anche qui nasce un equivoco sul prezzo della corsa, l'autista si mette a reclamare, chiamando gente, dicendosi imbrogliato. Gli sganciamo altri 10 Dhr per farlo stare zitto e liberarci di lui. Almeno la cittadella è interessante perché combina resti romani con altri arabi in una verde cornice di piante esotiche.

A piedi, stavolta, rientriamo verso Rabat dove ci attende una disavventura. Siamo avvicinati da un uomo a cui chiedo indicazioni su dove mangiare e dopo una lunga camminata verso il “ristorante del suo amico”, che non voglio neanche vedere perché mi puzza di losco, ci chiede il favore di cambiargli 50$. Nella sua abilità a creare le condizioni per un rapporto tra persone rispettabili è un grande maestro, tant'è che non riusciamo a sganciarci da lui, mentre nel frattempo piano piano sta ordendo la truffa. Alla domanda sospetta, io, che ho tutto il denaro in tasca, gli mento, dicendo che non ho contanti su di me, ma Matteo gli porge una banconota. Protesto vivamente per questo atto che mi sembra sconsiderato, ma l'uomo si finge offeso del mio dubbio sulla sua onestà e si sfila la fede dal dito per darla in garanzia a Matteo, il quale la accetta. È fatta. L'uomo, ormai con i dollari in mano, dice che va a prendere il cambio, ma sparisce per sempre e noi abbiamo la sua fede in garanzia, che non vale niente.

Dato che mi sento responsabile per aver rivolto la parola al farabutto, offro a Matteo di dividere la perdita a metà e con molta rassegnazione torniamo verso la medina. Cerchiamo di darci ragione del fatto, ma alla radice di tutto c'è lo sfruttamento della fiducia che si è portati a dare alla gente che si mostra amichevole, non conoscendo il contesto culturale del paese. Questi truffatori fanno gioco sull'incomprensione e l'imbarazzo delle persone che non osano negare un favore a qualcuno con cui si è appena finito di familiarizzare. Insomma, questo ci servirà da lezione per il futuro, ma speriamo che non ci porti ad escludere i contatti con la gente o addirittura la conversazione con gli estranei che è sempre interessante e istruttiva, anche se questi drastici rimedi ci sembrerebbero ora la soluzione a tutti i mali, in mancanza di un sistema per verificare l'onestà della gente.

Ceniamo nella medina con spiedini e tajine. Dopo cena prendiamo un succo d'arancia e pasticceria marocchina per ingannare il tempo e ritardare il rientro all'albergo, scelto per questa notte nella categoria economica. Stamattina, quando abbiamo portato i bagagli, ci è stata proposta una stanza squallida, quindi vogliamo accorciare la permanenza in camera. Invece, quando arriviamo, scopriamo con sorpresa che per lo stesso prezzo di 40 Dhr ci hanno accomodato in una stanza più carina e spaziosa.