Un inizio assai arduo

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Questo viaggio in Egitto è stato molto più di una visita turistica. E' nato con una componente di sfida personale ad affrontare di petto un altro paese arabo, conscio di cosa volesse dire dopo l'esperienza del Marocco. Si è rivelata un'esperienza a tutto tondo, ricca di tante sfaccettature che sono andate ben al di là dell'aspetto monumentale.  A ben guardare è stato anche il vero inizio dell'infatuazione per la cultura araba a cui ho dedicato tante energie negli anni successivi, accanito come sono stato nell'imparare la lingua dall'alfabeto più bello della terra.

9 novembre 2000 - La partenza è alle 10.30 da Bergamo con transito a Zurigo e arrivo al Cairo alle 18.00. Mi accompagna all'aeroporto una delegazione familiare.

 

Sono contento di partire, non mi pesa di vivere un'avventura da solo in un paese sconosciuto, ma sotto sotto non sono del tutto tranquillo. Spero che non si riveli un problema. Ho un vago senso di insicurezza che aleggia intorno a me. Le cose si sono anche complicate sotto il profilo della sicurezza, perché da poco tempo è scoppiata una nuova intifada nei territori palestinesi, anche se non è bastata per trattenermi. Le valigie le ho fatte solo ieri sera e stamattina sono stato assalito da grandi dubbi circa le scelte fatte. Chissà se avrò preso vestiti troppo pesanti o troppo leggeri o cosa avrò dimenticato? All'aeroporto di Zurigo ho addirittura un dubbio sull'aereo nel quale mi mi sono imbarcato: sarà proprio quello per il Cairo?

Mi sembra di ripetermi dai miei ultimi diari, scrivendo che non ho avuto molto tempo per prepararmi culturalmente e materialmente, ma anche stavolta è stata così. D'altra parte è ben la terza volta quest'anno che parto per un lungo viaggio e questo di sicuro non mi ha lasciato molto agio per riflettere. Inoltre, è come se il lavoro facesse apposta ad accumularsi tutto proprio prima delle partenze, cosicché alla vigilia del viaggio sfioro un collasso.

Per fortuna che durante il viaggio si affrontano problemi di tutt'altra natura, si vivono momenti completamente diversi che permettono di fermarsi a riflettere su tante cose, non fosse altro per il piccolo resoconto che giornalmente confluisce nelle pagine di questo umile diario. Mi accorgo che il viaggio è diventato per me non più un momento di svago, ma una parte integrante della mia vita.

Così ora mi trovo all'aeroporto del Cairo, dopo un eccellente volto con Swiss Air, ma al momento impegnato a risolvere una contingenza alquanto complicata. Tutti quei dubbi che mi hanno afflitto fino a poche ore fa, saranno stati presagio di questo problema? Eppure mi sento calmissimo nell'affrontare una faccenda che causerebbe a molti una crisi di nervi. Alla barriera del controllo doganale mi sono accorto di non avere più il passaporto che solo un'ora fa ho usato per compilare la scheda con i miei dati personali. Ho realizzato di averlo dimenticato sul sedile dell'aereo, ma nemmeno lì, come era prevedibile, ve n'è traccia. Nulla è servito correre indietro contro il flusso dei passeggeri per trovarmi in un aeromobile desolato e stanco dopo il viaggio: gli addetti alle pulizie l'avevano già fatto sparire.

Non mi resta che abbandonarmi nelle mani della burocrazia egiziana e aspettare cosa succederà. In un primo momento sembra che in accordo con l'ambasciata italiana potrò entrare nel paese, ma poi si scopre che gli uffici saranno chiusi domani che è venerdì e anche sabato. Senza passaporto non rilasciano un permesso di oltre 24 ore. Intanto il tempo passa e tra lo sgomento che mi procura l'ipotesi di dover fare ritorno a casa con la coda tra le gambe e una indifferente accettazione delle beffe della fortuna, arrivo alle 22, ormai 4 ore dopo l'arrivo ancora dietro la barriera della dogana. L'ufficiale di polizia mi rilascia un permesso di una settimana che dovrò regolarizzare presso l'ambasciata. Sono stato fortunato!

Prendo l'autobus per il centro e sbarco nel New Palace, albergo piuttosto scadente, ma almeno ho trovato un tetto per stanotte. Infatti a un certo punto dell'attesa mi ero quasi convinto che avrei passato due giorni in aeroporto per aspettare l'apertura dell'ambasciata!

La notte non è delle migliori, tormentato come sono da miriadi di zanzare e da un caldo inaspettato. Non mi addormento fin dopo le 3, rimuginando su tutto quello che mi è successo e che potrebbe ancora succedere nel sistemare i documenti, cercando di fare dei progetti per la giornata di domani. Qui all'albergo mi hanno già proposto decine di gite organizzate per le quali non ho mostrato molto entusiasmo, preso com'ero dai miei problemi, anzi questa insistenza accresce il mio malessere. Mi dico che devo decisamente liberarmi di questi tipi. Invece tre ragazze slovacche con cui ho parlato stasera hanno aderito alle proposte.

10 novembre - Appena sveglio mi precipito sotto la doccia per pulirmi dalle zanzare, dal sudore, da tutto. Poi vado sulla terrazza, dove aspetto interminabilmente la mia tazza di tè. Infine mi affretto a lasciare quest'albergo per uno migliore, prima che si sveglino quelli che ieri sera mi hanno tanto insistentemente proposto di aderire alle gite in lungo e in largo per l'Egitto. La Pension Roma è al completo, peccato perché sembrava proprio carina, così mi trascino con lo zaino fino alla Cairo islamica, dove trovo, dopo non poche difficoltà, l'Hotel Hussein. La camera è enorme, un po' scalcinata, ma spero di dormire meglio.

Parto per la visita dei quartieri medievali. In un primo tempo non trovo grandi meraviglie, ma passata una delle porte della vecchia città e rientrando da un'altra, incontro una sfilza di costruzioni storiche assai interessanti: madrase, un palazzo ottomano, una residenza cinquecentesca e tante moschee. Alcuni monumenti non sono in uno stato molto presentabile, però tutto fa parte dell'atmosfera e del colore locale. Le strade sono molto affollate e rumorose perché oggi si celebrano le preghiere del venerdì. Girovago fin alle 14 passate, poi mi siedo a mangiare quasi di controvoglia il primo assaggio della cucina egiziana. Non è entusiasmante e serve solo per placare la fame.

ImageDopo un salto in camera, esco a visitare la moschea al-Azhar, cosiddetta splendida, che a quest'ora del giorno si trova illuminata in una così bella luce da aprire il cuore. Poi mi aggiro per la zona commerciale cosparsa qua e là di begli edifici, come caravanserragli, moschee o madrase. Sono avvicinato più volte dai personaggi della strada con secondi fini, come portarmi a comprare in un negozio convenzionato, ma senza troppa insistenza. Sembra che gli egiziani siano meno subdoli dei marocchini.

Giunto in fondo alla strada salto su un bus per Ramses Station: una galera. È così pieno che non so come stare in piedi, né dove attaccarmi; non fa quasi nessuna fermata, costringendo la gente a saltare su e giù dal mezzo in movimento e strombazza continuamente. Ogni tanto qualche malcapitato che deve scendere sciaccia i vicini nel tentativo di raggiungere la porta davanti, dopo aver percorso l'intera lunghezza del mezzo.

A Ramses prendo la metro per Nasser ma trovo il cambiavalute chiuso, così vado a mangiare in un locale simpatico dove provo il mio primo koshari. Non male. Torno poi all'albergo con l'autobus che faccio fatica a individuare perché mi dicono di prendere il 66, ma non mi rendo conto se non dopo averne visti passare alcuni, che con le cifre arabe questo numero appare come un 77. Una volta riuscito, sono contento di avercela fatta.

Faccio un giro serale per il bazar Khan al-Khalili poi torno in stanza, un po' rumorosa visto che si affaccia sulla piazza così movimentata.