Sulle rive del Mekong

Il ponte sul Mekong

2 dicembre - Riapro un nuovo capitolo dopo una settimana di inizio del viaggio e parecchie notti passate a Siem Reap. Ora è venuto il momento di muoversi, ma sono stato incerto sulle mete che vado a cercare e sull'interesse che potrà scaturire dalla loro visita. Forse i posti che ho in mente non saranno niente di che, magari saranno posti sperduti che mi sto accanendo a rincorrere per eccesso di zelo, mentre la maggior parte dei turisti limita la propria visita in Cambogia ai templi di Angkor e poi se ne va. D'altra parte mi sembra molto superficiale ridurre il paese a un solo sito, per quanto di livello straordinario, soprattutto se penso che la Cambogia intera è l'eredità lasciata dall'antica civiltà khmer che dominava nei tempi l’intera regione.

Sono arrivato quindi dopo un viaggio di parecchie ore sulle sponde dell'imponente Mekong, che stasera ho ammirato nell'oscurità della notte e nel suo lento fluire sotto il ponte di recente costruzione che lo attraversa, l'unico in Cambogia su questo fiume. Ora sembra calmo e pacifico, ma non ci vuole molto sforzo per immaginarselo gonfio delle piogge monsoniche: sui pilastri del ponte rimane il segno fangoso della piena e si vede che livello tocca sugli argini. La potenza di acqua deve allora riempire le campate del ponte e dare un grande spettacolo della natura.

Sono arrivato a Kompong Cham quasi per caso perché stavo comprando il biglietto per Phnom Penh quando mi sono reso conto dell'inutilità di scendere fino alla capitale per dover risalire verso le colline. Mi sono fatto lasciare dal pullman nella città di Skuol, famosa perché la sua gente mangia orribili ragni arrostiti, e ho preso un pulmino per proseguire di altri 40 km fino al Mekong.

Anche per domani ho fissato una meta determinata da una decisione dell'ultimo momento. Non ho ritenuto opportuno di passare 11 ore in pullman per arrivare a Ban Lung e invece ho optato per le 6 ore che mi separano da Sen Monorom, sulle più alte colline del Mondulkiri.

La mia sosta qui è obbligata per l’assenza di mezzi che proseguano in giornata, ma non è comunque inutile. In città si notano pochi stranieri dispersi che non si confondono nella folla come a Siem Reap. Qui spiccano e mi fanno sentire meno strambo per aver scelto di venire fin qui e per di più voler proseguire verso mete ancor più remote. La città è tranquilla. Arrivando ho sentito una salmodia musulmana diffusa da un altoparlante, ma ripensandoci non ho sentito altre chiamate alla preghiera. Eppure una minoranza musulmana vive da queste parti e dà il nome stesso al luogo, dato che i Cham sono i seguaci di Maometto di discendenza vietnamita, che si sono però dati regole particolari rispetto all'ortodossia.

Passeggio per il mercato con bancarelle di bei frutti impilati, ma non entro nel recinto vero e proprio che ha un ingresso poco invitante. Vi si trovano infatti due banchi coperti di tagli di carne pieni di mosche e nei piccoli passaggi tra le bancarelle si intravede un suolo coperto di sabbia, cartacce, in alcuni punti una schifosa melma. Mi sembra troppo!